Elio E Le Storie Tese – Live @ Fillmore

Non era difficile prevederlo: l’11 aprile 2008, un Fillmore da tutto esaurito ha accolto con un’ovazione Elio E Le Storie Tese. L’uscita del nuovo disco in studio, Studentessi (a cinque anni dal precedente, Cicciput), e la recente conduzione del Dopofestival a Sanremo hanno richiamato il pubblico delle grandi occasioni.
L’inizio del concerto è preceduto da una collezione audio di “pubblicità regresso” e altre vaccate assortite (di quelle che girano per il web e danno la svolta alla giornata di svogliati studenti, svogliati lavoratori, svogliati nullafacenti): poi, raggiunta la postazione microfono e bonghi, Elio fissa la parola d’ordine della serata: “elegante”. In effetti i sei della band sfoggiano un identico vestiario, decisamente glamour, di giacca, camicia e pantaloni. Ed elegante è l’apertura, che propone proprio un terzetto di brani del nuovo album, tra cui la hit del momento Parco Sempione. Il pezzo, dietro alla divertente coltre polemica realista/demenziale contro i fricchettoni drogati che suonano (male) i bonghi al parco, nasconde un tema ben più sentito: la distruzione del bosco di Gioia decisa dell’amministrazione regionale lombarda (dall’immediato gioco di parole proviene l’idea per la copertina del singolo, nella quale campeggiano due grosse formiche che si nutrono di feci).
In Plafone e Ignudi Fra I Nudisti, ma in generale per tutto il concerto, emerge la cantante Paola Folli, che non abbandona mai il palco, spesso e volentieri doppia Elio e, soprattutto, esegue egregiamente le parti femminili presenti su disco. Al sassofono c’è poi Daniele Comoglio, collaboratore a più riprese del gruppo, anche in progetti paralleli. E non c’è da stupirsi se il complessino si circonda di grandi artisti con cui collaborare: ormai è detto e stradetto, ma Elio E Le Storie Tese suonano mostruosamente bene. Attenzione, però: la tecnica, sopraffina, non è mai fine a sé stessa. La sensibilità compositiva è così acuta da generare automaticamente belle canzoni, anche fossero strumentali. Penso a Tapparella, pezzo dal testo esilarante e dalla carica irresistibile, supportato da una struttura musicale in cui gli apparenti antipodi pop e prog si amalgamano come fosse la cosa più naturale del mondo. A tutto ciò si pensa con il mal di braccia, perdendosi nel battimani finale coordinato del coro «Forza Panino», che ogni volta sembra allungarsi di un po’, e nell’assolo di chitarra di Cesareo.
La coppia di tastieristi formata da Rocco Tanica e Jantoman si cimenta in ben più di semplici accompagnamenti o sporadici assoli: il nucleo comico di tante canzoni sta in gran parte nella presenza di campionamenti, nell’uso geniale della voce sintetizzata, per non parlare dell’efficacia puramente cabarettistica del duo Elio-Rocco.
La straordinaria qualità della sezione ritmica è esaltata dal medley di pezzi da ballare: Pipppero® / La Chanson / Discomusic / Born To Be Abramo. Mangoni, strepitoso, cambia travestimento alla velocità del fulmine, ma si è continuamente catturati dalle incredibili linee di basso di Faso e dalla metronomica fantasia di Christian Meyer, due veri fuoriclasse che fanno sembrare facili cose difficilissime e che già da soli farebbero la fortuna di qualsiasi gruppo, in qualunque ambito musicale.
Atri nuovi brani: Gargaroz, Heavy Samba, Il Congresso Delle Parti Molli e Suicidio A Sorpresa, in cui Mangoni interpreta l’adolescente Lucio, appassionato di death metal e black metal. Poi, la classicissima Supergiovane, ancora con Mangoni protagonista di un’arrampicata sulle americane a lato palco e di un improvviso stage diving nel quale si sfiora il dramma: varie persone si scostano e l’architetto ha un mezzo impatto col suolo, fortunatamente senza conseguenze. Molto elegante, per rimanere fedeli alla parola d’ordine della serata, è l’esecuzione in chiusura della rossiniana Largo Al Factotum, con l’ovvio troncamento del nome del barbiere Figaro, ripetuto a iosa. Nel bis spicca anche Il Mio Amico, ossia l’allegro rifacimento di una recente canzonetta melodica sanremese, dal testo involontariamente demenziale: versi come «E a chi dice che non sei normale / Tu non piangere su quello che non sei» e soprattutto «Se il cuore batte forte / Dà vita a quella morte / Che vive dentro te» non sono a cura di Elio, bensì fanno davvero parte del brano originale! Del resto, siamo di fronte ai Re Mida della musica: anche le peggiori canzonette melodiche, in mano a Elio E Le Storie Tese, diventano oro. Applausi!

Carmine Caletti