Il fascino di Piazza del Comune non passa inosservato agli occhi di Pau, al secolo Paolo Bruni, che, comodo sullo sgabello al centro del palco, ha appena cantato i primi due brani in scaletta. Il cantante dei Negrita – che venerdì 19 luglio hanno portato a Cremona i loro successi in chiave semiacustica, nell’ambito del riuscitissimo Festival Acquedotte – si concentra sulla potenza del Duomo e sulla sua esistenza millenaria, che viene messa in triste correlazione con quella del genovese Ponte Morandi, costruito negli anni Sessanta e crollato, con tragiche conseguenze, un anno fa. Occorre saper valorizzare la bellezza dei nostri territori così come tutelare le opere dell’uomo, sostiene Pau, attorniato da una potente energia. È un concerto politico, in senso ampio, quello della band aretina, che sceglie di schierarsi sui temi importanti della contemporaneità, senza fare proclami ma con la voglia di prendere posizione con chiarezza.
Il gruppo tutto tiene il palco alla grande, a un quarto di secolo dall’uscita dell’album d’esordio omonimo, Negrita. A fianco di Pau, le chitarre di sempre: quella solista di Drigo (Enrico Salvi) e quella ritmica di Mac (Cesare Petricich), con Giacomo Rossetti al basso, Guglielmo Ridolfo Gagliano (detto Gandho) alle tastiere e Cristiano Dalla Pellegrina alla batteria, a completare il sestetto sul palco.
La setlist passa in rassegna tutti i maggiori successi dei Negrita: Che Rumore Fa La Felicità?, La Tua Canzone, In Ogni Atomo, Brucerò Per Te, una commovente Greta, e ancora Cambio, Bambole, Non Ci Guarderemo Indietro Mai. Prima di eseguire Magnolia, Pau racconta del 2003 e della loro prima volta a Sanremo: i Negrita desiderano presentarsi sul palco dell’Ariston come gruppo rock, quale erano (dice Pau, che sembra voler enfatizzare il verbo al passato), e così portano una canzone trascurabile, che Pau neanche cita e si chiama Tonight, finita quasi subito nel dimenticatoio (il che provoca qualche sommessa battuta anche tra i fedelissimi del fan club: «Noi ce la ricordiamo…»). Due mesi dopo, esce Magnolia e resta in classifica per decine di settimane.
Su Il Libro In Una Mano, La Bomba Nell’Altra, Pau si accende una sigaretta, per sua stessa ammissione, per allentare la tensione che prova nel cantare un brano anticlericale di fianco al Duomo (!). Dopo la bella Ho Imparato A Sognare, è la band stessa a invitare chi vuole, in platea, ad alzarsi in piedi e avvicinarsi al palco: l’area, come ovvio, si riempie in pochi secondi e l’atmosfera si riscalda con Radio Conga. Ed è qui che si scioglie un po’ dell’irrequietezza di Pau, felice – appare chiaro – di stare a contatto diretto con i fan più accaniti, che gli restituiscono un po’ della sua contagiosa energia. Il cantante rende omaggio alle persone che seguono la band da venticinque anni, dichiarando di riconoscere tanti volti e tanti sorrisi sotto il palco, di anno in anno.
Notte Mediterranea è occasione per Pau per introdurre, come si diceva, una dimensione politica nel concerto dei Negrita. Il cantante non manca di prendere le distanze, a nome della band, dalle attuali politiche italiane in tema di migrazioni e, al contempo, celebra il Mediterraneo come ciò che fu, è e ancora dovrebbe essere: un mare di pace, un luogo di incontro tra culture.
Le canzoni filano via, una dopo l’altra, suonate e cantate in modo impeccabile (Pau si serve di un secondo microfono, con cui, nei rari momenti in cui è necessario, la voce assume il classico effetto megafono). La morbida Rotolando Verso Sud e la viscerale Mama Maé conducono il concerto verso la fine: Il Gioco, A Modo Mio e la conclusiva Gioia Infinita regalano al pubblico di Piazza del Comune, per l’appunto, il definitivo sorriso sulle labbra, mentre la band si congeda tra gli applausi. «Perché noi facciamo il rock’n’roll, e nessuno ci deve rompere i coglioni!», urla Pau, che per un momento lascia andare i freni e ritorna alle origini. Hey Negrita!
Carmine Caletti