Il genere proposto è un tiratissimo hard funk, che può ricordare i Red Hot Chili Peppers più scatenati (Give It Away e affini), con interessanti testi in italiano che stanno tra puro divertimento e critica sociale, politica e religiosa (c’è qualcosa dei Rage Against The Machine). Il disco è iperprodotto: effetti, sample, suoni sintetici e audio preesistente si sovrappongono in un crossover caotico e variopinto che – ultimo paragone – mi fa pensare ai pionieri Living Colour.
Molte canzoni sono tremendamente orecchiabili: i ritornelli della title track Afreak (quasi la dichiarazione d’intenti del progetto) o della solo apparentemente disimpegnata Non Sono Mica Mic Giegger rimangono in testa dopo un solo ascolto.
L’ossatura dei pezzi è data, nella grande maggioranza dei casi, da un potente riff del basso di Alex (a cui inoltre sono accreditati voce, batterie elettroniche, synth, percussioni e campionamenti), mentre la chitarra di Jacopo Delfini aggiunge in certi casi acidità hard rock, in altri pastosità tutta blues.
Nel disco si colgono vari rimandi cinematografici: la seconda canzone, I Banditi Del 2000, scandita da colpi di pistola in stile western, contiene la celeberrima citazione di «Ezechiele 25:17» da Pulp Fiction, annegata in un amalgama funk psichedelico, mentre la sesta, Science Speak, è un copia/incolla di un minuto circa da Frankenstein Junior.
I due pezzi ideologicamente più diretti e schierati, Sembra Un Uomo?! e Il Cardinale, vanno direttamente all’attacco dell’autorità politica e clericale: l’uomo/animale descritto nella traccia 3, mai nominato nel testo, è senza dubbio George Dabliu, tanto che il pezzo si chiude con qualche frammento dei più celebri inni tradizionali statunitensi, che si intersecano con una preghiera orientaleggiante.
Delirium Blues è ciò che dichiara, un paio di minuti di noise allucinato, mentre Voglio Te “Portinaio Dell’Inferno” è nettamente strutturata in due parti: nella prima si sentono accenni di discopunk contemporaneo, la seconda è invece puro rap metal. A seguire arriva la ballata (quasi) demenziale Putrida, caratterizzata dalla splendida voce solista della diciottenne Franziska Freymadl, che troviamo ai cori in vari altri brani (con particolare evidenza nella traccia immediatamente successiva, Le Streghe).
Six Freakey Monkeys è un atto d’amore di Alex per le scimmie, che sono una sua passione e che non a caso vengono ringraziate nei crediti del disco (il retro di copertina è interamente occupato dal muso sogghignante di uno scimpanzé).
Il disco si chiude con l’autocover di Biomeccanoidi, vecchio pezzo dei Water Closed riproposto con un arrangiamento del tutto stravolto, senz’altro il più elettronico di tutto l’album.
Menzione finale per Edo, nelle vesti più disparate: lo possiamo sentire ai cori, ha collaborato alla stesura dei testi ed è l’autore della copertina del disco (già ai tempi curava le grafiche e i volantini dei Water Closed).
In conclusione: A Rebour vi piacerà se non potete resistere all’energia del basso slap suonato alla grande, se amate i dischi farciti di suoni, e – perché no? – se un po’ vi manca la scena locale dello scorso decennio. Pur in ambito musicale differente, nella tribù degli Afreak troverete la consapevolezza compositiva, la qualità tecnica e la passione che hanno reso quel periodo, nel suo piccolo, magico.
Carmine Caletti